mercoledì 15 febbraio 2012

Interviste: The Hitbox Gaming Podcast


I duri e puri della cultura videoludica nipponica.

Da cinquantuno episodi, Valerio e Mika portano avanti il loro progetto The Hitbox Gaming Podcast con puntualità e preparazione, in barba a tutti gli altisonanti proclami di fallimento e crisi del mercato videoludico giapponese che tanto spopolano tra i nerd dell'internet.
La precisa decisione di trattare esclusivamente le produzioni nipponiche senza uniformarsi al pensiero della massa belante, dona al lavoro del duo una personalità unica, un pregio molto raro nel panorama del podcasting italiano.
Ma lasciamo che siano le loro parole a spiegare l'affascinante alchimia da cui scaturisce The Hitbox Gaming Podcast.





La passione per i picchiaduro ad incontri più hardcore è tema ricorrente all'interno di moltissime puntate.


Un saluto a voi. Partiamo subito in quarta: ideazione e peculiarità di The Hitbox Gaming Podcast.

Valerio: L'idea di realizzare un podcast è nata nell'estate del 2009, cioè da quando ho iniziato a conoscerne ed ascoltarne in buon numero (il che per me è anche coinciso con l'iniziare ad usare iTunes). In realtà erano anni che io e Mika volevamo fare "qualcosa" (un sito, un canale Youtube, etc etc), ma dopo che il sottoscritto aveva cambiato città nel 2007 il numero di problematiche che si frapponevano tra noi ed il nostro "qualcosa" era aumentato esponenzialmente. Il podcast, che si poteva realizzare anche a distanza e in tempi più ridotti ci è apparso come una soluzione ideale. La molla che comunque mi ha spinto a creare T.H.G.P. è stata sicuramente una reazione nei confronti di quello che sentivo (o che non sentivo) nei podcast italiani del periodo, e la sua peculiarità è proprio quella di essere diverso e potenzialmente antitetico rispetto a tutti gli altri podcast italici.

Mika: The Hitbox parte dall'insoddisfazione verso l'informazione videoludica commerciale presente sul mercato troppo sbilanciata verso il lato mainstream del videogioco legato inesorabilmente alla legge dei grandi numeri ed all'omologazione dei giudizi. L'idea era di rendere evidenti e prominenti argomenti a cui non si interessa nessuno per necessità di rimanere sul pezzo delle solite banalità che catalizzano l'attenzione delle masse e dare una voce anche ai progetti più misconosciuti in maniera anticonformista. La peculiarità di The Hitbox risiede proprio nella sua volontà di essere di nicchia ed underground.

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La decisione di trattare soltanto la cultura ed il mercato videoludico nipponico non ha mai "limitato" il potenziale del progetto, oppure ritenete questo elemento un segno distintivo imprescindibile?

Valerio: Sicuramente ne ha limitato la diffusione e lo ha reso poco appetibile alle nuove leve videoludiche (la generazione dei giocatori di FPS su console). Ma io sono un videogiocatore cresciuto in sala giochi e sulle console, e all'epoca non si poteva neanche fare un vero e proprio distinguo tra videogiochi giapponesi e occidentali, dato che il 90% dei videogiochi sulle console e in sala giochi ERANO GIAPPONESI. Si, certo, c'era una scuola occidentale sui computer (C64, Amiga 500, Dos/Win9X, Atari ST et simila) ma io l'ho sempre ignorata. Mi ricordo ancora i primi gloriosi anni di Consolemania e Game Power, dove una buona parte dei titoli recensiti erano direttamente in versione Giapponese, ecco io faccio parte di quella generazione videoludica, e fondamentalmente a quella generazione videoludica mi rivolgo.

Mika: Il videogioco nipponico costituisce la base stessa per cui il progetto è nato. L'entertainment giapponese ha esercitato una profonda influenza su di me fin da giovanissimo prima con manga ed anime poi con i videogiochi radicandosi inesorabilmente nel mio gusto stilistico. Tutti questi contenuti sono inscindibilmente parte del mio retaggio culturale. Da alcuni anni non si fa che un gran parlare di come il videogioco nipponico sia in decadenza incapace di avere seguito e veicolare vendite. Il podcast nasce proprio dall'esigenza di confutare questa grande bufala mediatica dimostrando l'effervescenza di questo mercato e delle sue possibilità di innovare il medium nell'unico modo che reputo corretto, ovvero mantenendo viva quella tradizione tematica col passato che mi ha fatto appassionare a questo hobby. Non reputo questa scelta limitante in alcun modo proprio perché nasce dalla passione per un argomento che voglio approfondire e condividere col prossimo. Troverei più limitante dover trattare il videogioco in maniera più generale proprio perché toglierebbe spazio di analisi ad una parte consistente di questa industria generalmente bistrattata, incompresa o mal interpretata dai più.

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Il podcast è composto da due parti ben distinte: la prima dedicata alle news, ai commenti ed alle classifiche di vendita giapponesi, mentre la seconda approfondisce un'argomento specifico in maniera dettagliata ed interessante. La formula rimarrà invariata o prevedete qualche novità per il futuro?

Valerio: Non vedo cambiamenti particolari all'orizzonte, anche perché bene o male questa struttura è quella che avevamo in testa prima ancora di iniziare con il podcast. In realtà la durata media di ogni puntata doveva essere decisamente più corta nelle intenzioni iniziali, ma avremmo dovuto omettere troppe cose per stare entro i 40/60 minuti che ci eravamo prefissi all'inizio. E poi l'idea di mantenere un impostazione continua per un lungo periodo di tempo mi affascina e non poco.

Mika: Personalmente ho insistito per questa formulazione e la trovo il giusto equilibrio tra divagazione acronica e contingenza del presente. Il videogiocatore è un animale strano, eternamente in attesa dell'innovazione del futuro. Pertanto una sezione dedicata al divenire ludico in atto è imprescindibile con tutta la carrellata di news, previews e hype che ne consegue, anche solo per contestualizzare il presente in cui viviamo. Per non divenire uno sterile bollettino come tanti e per esprimere delle idee più articolate abbiamo deciso di inserire la seconda parte più riflessiva legata unicamente alla contingenza di quello che troviamo interessante. La formula a mio parere funziona bene (e mi fa bene "culturalmente" considerando la mole di documentazione che puntualmente ci sorbiamo) perciò non vedo la necessità di variarla nell'immediato. Piuttosto stiamo lavorando ad alcuni progetti per ampliare l'offerta al di là del podcast, tempo permettendo.

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Quanto tempo richiede la ricerca del materiale per realizzare il podcast? Come riuscite a mantenere questa incredibile puntualità nel rilascio dei nuovi episodi?

Valerio: La raccolta delle notizie relativamente poco, basta girare per blog e siti d'informazione e copiare in un documento su Google Docs tutte le news che ti interessano sul momento. La parte più lunga sta poi: 1) nel check della fonte originale (dato che la maggior parte della gente copia da uno o due siti in inglese, che a loro volta si limitano a tradurre fonti originali in giapponese) per vedere se non ci sono interpretazioni libere; 2) nel cercare di corredare la notizia con approfondimenti aggiuntivi; 3) nella scrematura delle notizie: "si può fare a meno di questa notizia?"; "Ma di questo gioco ci interessa veramente di parlarne?" (cosa che viene fuori regolarmente con un qualsiasi Kingdom Hearts). Il giorno prima della registrazione di ogni puntata abbiamo una sessione di brain storming che dura minimo mezz'ora. Per quanto riguarda la puntualità, beh, quasi tutti i podcast indipendenti non italiani che ascolto hanno una cadenza regolare, evidentemente faccio quello che fanno loro, né più né meno.

Mika: La ricerca del materiale è un incombenza temporale notevole soprattutto nell'approfondimento della notizia, non tanto nella ricerca della notizia in sé. Oggi l'informazione è istantanea, peccato che non sia così immediato relazionarla al contesto o ampliarla. Per esperienza personale questo lavoro dovrebbe essere giornaliero per essere umanamente sopportabile. Difatti la nostra procedura standard prevede la raccolta quasi quotidiana della documentazione anche se non nego che ci siamo sbattuti più volte in interminabili "one session" a due. La puntualità la otteniamo grazie al  notevole sacrificio personale soprattutto da parte del buon Valerio che si sorbisce le sessioni di post-produzione con grande dovizia anche in tempi record.

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Il feeling che vi unisce è uno dei punti di forza di The Hitbox Gaming Podcast. Come e dove nasce questa collaborazione?

Valerio: Dalla fine degli anni '90 nella gaudente (beh, più o meno) Arezzo. Ho sempre considerato Mika come un fratello minore, con l'unica differenza che generalmente con i fratelli non hai mai nulla in comune, mentre noi due abbiamo sempre condiviso tantissimi interessi.

Mika: Io e Valerio ci conosciamo oramai da circa 12 anni se non più. Se non ricordo male scambiammo quattro chiacchiere la prima volta nell' unica fumetteria (almeno allora) della città. Parlando delle figure di Bastard!! del grandissimo Kazushi Hagiwara venne fuori che avevamo la comune passione per il videogioco e sopratutto che entrambi adoravamo Dead or Alive 2 (nonchè eravamo tra i pochi che possedevano un Dreamcast ai tempi). Da allora abbiamo sempre avuto una comunanza di interessi non indifferente che oramai da due anni a questa parte è sfociata in The Hitbox. Fatto divertente:entrambi continuiamo a leggere Bastard!! da allora e tuttora non se ne intravede una fine.


Alcune delle cover/immagini a corredo degli episodi del podcast



Parliamo di "concorrenza": seguite qualche podcast italiano oppure rivolgete la tua attenzione verso altri lidi?

Valerio: I podcast a cui sono abbonato oggi: Gamers Only Older; PSNation; WARNING! A Huge Podcast; The Jumpmen Podcast; Red Sun Gamer; GameCrashers; Bit For Byte; Avoiding The Puddle; Big Red Barrel Playstation (ex Sarcastic Gamer Blue). No, non seguo nessun podcast italiano.

Mika: Ho seguito qualche podcast italiano in maniera discontinua per breve periodo. Ho mollato un po' per disinteresse degli argomenti trattati ma sopratutto per imprescindibili cause temporali: nella mia vita di cacciatore-raccoglitore-schiavo del sistema capitalistico il lavoro occupa una parte prominente della mia giornata (circa 11-12 ore giornaliere spostamenti in auto inclusi), il sonno circa 5 ore a notte ed il resto se lo fagocita la convivenza con la mia dolce metà. Nelle briciole che avanzano devo far rientrare tutto il resto e l'ascolto di podcast purtroppo rientra nella fascia del sacrificabile.

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La domanda banale che non può mancare: sistema da gioco, videogame, film, album e libro che porterete nei vostri ricordi sin nel letto di morte?

Valerio: Baro e ne scelgo due: Dreamcast e Neo Geo; Super Street Fighter 2 Turbo e il King of Fighters '98; The Beyond e City of the Dead di Lucio Fulci; Transilvanian Hunger dei Darkthrone e Season in the Abyss degli Slayer; "L'Unico e la Sua Proprietà" di Max Stirner e "Colloqui con sé stesso" di Marco Aurelio.

Mika: E' un pò riduttivo portarne solo uno per tipo. Fosse per me mi farei inumare con tutti i miei possedimenti se le tombe avessero un prezzo abbordabile. Comunque ci provo lo stesso.
Sistema di gioco: Neo-geo MVS what else? Videogame: Guwange (Cave), Film: Fight Club, Album: Distant in solitary night di Judas Iscariot, Libro: Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche

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Ma siete azionisti di SNK Playmore?

Valerio: Per fortuna non è quotata, e spero non lo faccia mai. La quotazione in borsa può solo rovinare un azienda di videogiochi.

Mika: No perché non è quotata in borsa.

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Cosa detestate dell'attuale situazione del videogioco? Cosa invece apprezzate?

Valerio: Troppi soldi nel sistema, troppa omologazione, troppo middleware.
Cosa apprezzo? Chi non si adegua.

Mika: Detesto il fatto che il videogioco stia divenendo un prodotto massificato prodotto in serie. Il martellante marketing delle grandi compagnie sta trasformando alcuni generi in un trend irresistibile per chiunque con questo mondo non c'entra una benemerita mazza e che non ne ha mai sentito parlare fino a qualche anno fa. Un' espansione così rapida ed incontrollata dei consumi non può che creare danni irreparabili ad un sistema che per più di un ventennio si è retto su una nicchia circoscritta di persone sufficientemente interessate da sviluppare un barlume critico negli acquisti e produttori che dovevano guadagnarsi la fiducia della propria utenza. Oggi più che mai il VG è solamente un prodotto che deve essere consumato. Negli anni novanta l'industria era più che altro artigianale, oggi abbiamo a che fare con corporate che smuovono cifre da capogiro sul piano globale. La spersonalizzazione è l'inevitabile conseguenza. 
Apprezzo le piccole realtà che sono sopravvissute o prosperano rimanendo semplicemente se stesse (vedi Cave, Falcom, Nippon Ichi e tante altre) tenendo alta la bandiera della tradizione.

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Concludete con una perla di saggezza e con i contatti di rito.

Valerio: Sorry, niente perle di saggezza in arrivo (al massimo di Guttalax). Per i contatti direi che con chiave di ricerca "The Hitbox" e "podcast" su Google ci trovate subito.

Mika: Lascio l'incombenza a Valerio come al solito (muahahahahahah).





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